«Non è il primo collega, purtroppo, e non sarà l’ultimo. I medici sono abbandonati dagli ospedali, non riescono ad avere un adeguato riposo e queste sono le tragiche conseguenze. Apriremo una vertenza sulle condizioni dei medici ospedalieri»
Non è possibile determinare il nesso di causalità tra il malore che lo ha colpito, causandone il decesso, e lo stress psicofisico a cui era sottoposto ogni giorno. Quel che è certo è che Raffaele Sebastiani, chirurgo di 61 anni del Policlinico di Bari, il giorno precedente aveva lavorato dalle 8 alle 14 e la notte, essendo reperibile, aveva gestito le urgenze di pazienti positivi al Covid per 12 ore. I sindacati dei medici hanno chiesto di conoscere turni e orari precedenti alla morte per capire se il dramma possa essere la conseguenza di un forte stress e un gravoso carico di lavoro.
Quici (Cimo-Fesmed): «Condizioni di lavoro insostenibili e inaccettabili»
La notizia spiazza i colleghi che lo ricordano commossi e rassegnati, rimarcando la grande fatica che sentono ogni giorno per i turni massacranti a cui sono sottoposti da anni. «La pandemia ha reso ancora più complicato il lavoro di medici e sanitari. Le condizioni fisiche e psicologiche sono ormai insostenibili e inaccettabili» spiega Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed al nostro giornale.
«Ci troviamo con il rischio di dermatologi nei reparti Covid e odontoiatri nei Ps»
«Ad ogni nuova ondata gli ospedali tornano ad essere puntualmente sotto pressione – continua – e i medici ospedalieri esposti in prima persona ad affrontare il Covid-19 e tutto il resto». I problemi che solleva Quici sono, sostanzialmente, tre: imbuto formativo, carenza di personale specialmente per alcune specializzazioni e fuga verso il privato. «Pur di avere il medico a guardia del posto letto ci troviamo con il rischio di dermatologi nei reparti Covid e odontoiatri nei pronto soccorso. Questo cambio di mansione già genera stress a cui si aggiunge la fuga dei medici degli ospedali verso il privato o causa pensionamento. In moltissimi chiedono se ci sono le condizioni per andare in pensione anticipata».
La fuga dei medici verso il privato e la pensione anticipata
Come precisa il network legale Consulcesi, sono migliaia i medici e gli infermieri che hanno scelto di anticipare la pensione o di spostarsi verso strutture private e cliniche in questi ultimi due anni. Ma la goccia che fa traboccare il vaso è da ricercare sempre nello stesso e annoso problema dei turni massacranti. «Ho i miei dubbi – prosegue Quici – che ci siano state assunzioni massicce in questo ultimo anno. E tutto il lavoro di chi è andato via è svolto da chi resta, con orari di lavoro infiniti, prolungati, in condizioni fisiche e di stanchezza incredibili. E poi c’è la paura del Covid, i medici ospedalieri sono ostaggio degli ospedali».
L’Europa stabilisce 11 ore di riposo giornaliere ma in Italia proseguono le infrazioni
Dieci anni fa l’Unione Europea ha rimproverato l’Italia per il mancato rispetto della direttiva 2003/88/CE che stabilisce un orario settimanale massimo di 48 ore e un periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive. L’Italia si é adeguata nel 2015 ma solo formalmente, perché le violazioni persistono, nei fatti. «L’orario di lavoro previsto dalla normativa europea è del tutto disatteso, è un dato di fatto di cui rendersi conto» conferma Quici. Per il periodo precedente al 2015 è possibile chiedere il rimborso.
Chi si prende cura dei medici?
Il punto è che lavorare in ospedale con turni e orari massacranti lede i diritti del lavoratore a scapito della qualità del SSN. Con il rischio di aumentare il rischio clinico e gli eventi avversi. «I medici sono abbandonati dagli ospedali, non riescono ad aver un adeguato riposo e queste sono le tragiche conseguenze. Non è il primo collega, purtroppo, e non sarà l’ultimo. È successo a chi lavora in emergenza e sui mezzi di soccorso. Chi si prende cura dei medici? E un medico stanco, che non si sente in forma e in condizioni di salute ottimali, è in grado di prendersi cura del paziente al meglio?» si chiede Quici.
La Cimo-Fesmed pronta alla vertenza
E la Cimo-Fesmed non può restare a guardare. «Apriremo una vertenza sulle condizioni dei medici ospedalieri – rivela Quici -. Nel PNRR si parla, giustamente, di assistenza territoriale, ma non si parla accuratamente di potenziare gli ospedali. E invece il problema è proprio l’ospedale. Non so se la qualità delle cure è stata ottimale in questi ultimi due anni, vista la quantità di interventi chirurgici rinviati per i pazienti cronici. Come sindacato stiamo preparando un questionario da presentare ai medici ospedalieri per sapere quattro cose: quali erano e quali sono le aspettative che hanno, se si sentono sicuri a lavorare negli ospedali, che rapporto hanno con i pazienti e con il datore di lavoro».
Per anni è esplosa la rabbia, ma adesso tra i medici spicca un sentimento di estrema rassegnazione. «Quello che dovrebbe emergere ai nostri occhi, invece, è la grande stanchezza psico-fisica dei medici per lo stress, la mancanza di riposo e le forti implicazioni psicologiche di tutto questo. E negli ospedali è di nuovo emergenza: in queste ore si stanno riconvertendo i reparti ordinari in reparti Covid e si chiede ai medici di bloccare le ferie tanto attese. Prevedo, ancora, un altro periodo difficile. L’ennesimo» conclude il presidente Cimo-Fesmed.