NO ALLA “VARIANTE COLOR” NELLE REGIONI
MODIFICARE I DATI EPIDEMIOLOGICI SIGNIFICA AUMENTARE IL RISCHIO COVID
Roma, 17 gennaio 2022 – Due anni di pandemia sembrano non essere ancora sufficienti a far comprendere l’importanza di avviare una profonda rivisitazione dell’autonomia differenziata in sanità, che necessita di indirizzi chiari e uniformi su tutto il territorio nazionale.
Non sono stati certamente gli interventi delle singole regioni o le dichiarazioni dei singoli Governatori, spesso contrapposti tra loro, ad evitare il collasso di gran parte delle strutture sanitarie, siano esse territoriali che ospedaliere. Iniziative autonome e restrizioni “personalizzate”, a partire dell’obbligo delle mascherine all’aperto, alla apertura o chiusura delle scuole, alle modalità di reclutamento del personale sanitario, fino ai tamponi “fai da te” della regione Emilia-Romagna. Intanto la spesa sanitaria è lievitata a dismisura senza alcun controllo e, dopo il “risico” dei posti letto attivi e attivabili, attendiamo ancora di conoscere quanti posti letto di terapia intensiva e subintensiva sono stati realmente attivati in modo stabile, quanto personale, possibilmente non amministrativo, è stato assunto a tempo indeterminato e quante tecnologie sono state acquisite e risultano in pieno regime di operatività.
Lo spettro per tutte le regioni resterà sempre il colore arancione o rosso ed è questo il motivo per il quale è in atto il tentativo, immediatamente smentito dal Ministero della Salute, di cambiare le regole per mascherare i deficit gestionali ed organizzativi delle aziende, a costo di modificare anche alcuni parametri che sono utili per le valutazioni epidemiologiche e del rischio.
Ecco perché occorre ridiscutere del regionalismo differenziato ed ecco il motivo per il quale occorre recuperare la centralità del Ministero della Salute a tutela dei cittadini italiani.
Intanto, sempre a distanza di due anni dall’inizio della pandemia, si bloccano migliaia di interventi chirurgici e la prevenzione secondaria inizia a diventare un’utopia. Le aziende non sono in grado di assicurare equità nelle cure anche a causa di alcune disposizioni regionali che, ancora una volta, ignorano i bisogni di salute dei pazienti non affetti da Covid.
Come Federazione CIMO-FESMED non siamo più disposti a vedere ricadere su medici e sanitari queste inefficienze ad iniziare dall’irresponsabile utilizzo di medici specialisti di altra branca nei reparti Covid solo per giustificare la presenza di un “piantone” a guardia dei posti letto.
Ci aspettiamo una forte presa di posizione delle Associazioni che tutelano i malati, come ci aspettiamo un “cambio di rotta” della politica nazionale in tema di diritto alla salute.