Anaao-Assomed, Cimo-Fesmed e Aaroi-Emac al Governo: «Necessario riformare l’ospedale»
I sindacati accendono i riflettori sulla “questione ospedaliera” e invitano il nuovo Governo a disegnare una nuova filiera della salute che parta dai bisogni del paziente e dalle esigenze del personale sanitario
Roma, 27 ottobre 2022 – Tra i principali dossier che il nuovo Ministro della Salute Orazio Schillaci ha trovato sul tavolo c’è senza dubbio la riforma della sanità territoriale, già impostata nel DM 77. Una riforma apprezzabile sotto molti punti di vista ma incompleta e, soprattutto, sottofinanziata, considerando che per essere attuata oltre ai fondi del PNRR necessita di un adeguamento importante del Fondo sanitario nazionale ad oggi non previsto. Una riforma, inoltre, che appare del tutto sganciata dall’organizzazione degli ospedali, e che, dunque, non supera quell’impostazione a silos del Servizio sanitario nazionale che in questi ultimi anni ha mostrato tutti i suoi limiti. Una riforma, quindi, che non sembra essere in grado di risolvere il cronico, ed ormai insostenibile, riversamento sul sistema ospedaliero dei bisogni di salute che la sanità territoriale non riesce a garantire. Insomma, una montagna che rischia di partorire soltanto qualche topolino.
Sebbene – incredibilmente – non se ne parli, a tutti gli addetti ai lavori risulta lampante la “questione ospedaliera”, che deve essere affrontata con almeno pari dignità e importanza di quella territoriale. Anche sulla rete degli ospedali infatti occorre intervenire con urgenza, poiché le logiche del DM 70/2015 che tutt’oggi la governano risultano superate e fallimentari, avendo prodotto, negli anni, razionalizzazioni e ottimizzazioni che altro non sono che tagli tesi a ridurre drasticamente l’offerta sanitaria per i cittadini. Nel 2019 sono stati effettuati 1,36 milioni di ricoveri ordinari in meno rispetto al 2010, un calo non compensato, come si potrebbe immaginare, da un aumento di ricoveri di day hospital e day surgery, poiché anch’essi sono diminuiti di 1,27 milioni. E numeri col segno negativo si riscontrano anche sul territorio, dove le attività di radiologia diagnostica sono diminuite del 30%, l’attività clinica ambulatoriale del 32% e le indagini di laboratorio del 19%. Insomma il dato di cui tutti dovrebbero preoccuparsi è la diminuzione generale delle cure, sul territorio quanto negli ospedali.
Il SSN, per com’è organizzato oggi, non funziona anche a causa di mancate politiche di prevenzione e di mancati piani emergenziali, come dimostrato dalla pandemia Covid. I cittadini iniziano a scegliere di curarsi nel privato, se possono, o di non curarsi: il 54% della popolazione opta oggi per cure out of pocket, mentre secondo l’ISTAT 4 milioni di italiani rinunciano alle cure mediche per motivi economici e circa 2 milioni a causa delle liste di attesa.
Al nuovo Governo si presenta dunque un’occasione imperdibile: rivedere complessivamente l’organizzazione del Servizio sanitario nazionale, partendo dai bisogni del paziente e sostituendo la logica dei silos con una vera filiera della salute.
Nella sanità del futuro che immaginiamo, l’ospedale è il luogo in cui ci si occupa delle acuzie, circondato da strutture di livello territoriale in cui gestire le cronicità, la prevenzione di primo livello, la riabilitazione, l’assistenza domiciliare.
Un ospedale moderno, tecnologicamente avanzato, interconnesso, che superi l’impostazione aziendalistica e la logica degli standard di volumi ed esiti ridotti a mero criterio economicistico di una “produzione” da opificio.
Nella sanità del futuro, la sanità 4.0, immaginiamo che non si ragioni più con una visione aziendalistica che ha prodotto in 10 anni riduzioni importanti di posti letto e di personale, ha precluso ai professionisti ogni forma di carriera, ha incentivato i medici dipendenti ad uscire dal SSN e, alla fine, ha favorito un enorme aumento della spesa pubblica avvenuto anche con la somministrazione di lavoro interinale attraverso l’ingresso di “cooperative” italiane e straniere.
Si tratta di utopie o fantasie irrealizzabili? Ci piace credere di no: l’emergenza Covid-19 ha dimostrato come non ci sia crescita economica senza salute, ma non c’è salute senza un Servizio sanitario pubblico, universalistico, efficiente e organizzato razionalmente.
Una riforma essenziale per il Paese e per la salute di tutta la popolazione. Un grande progetto per il bene comune.
Ci auguriamo dunque che dal nuovo Governo, ed in particolare dal Ministro della Salute, sia accolta al più presto la nostra richiesta di un confronto aperto e collaborativo per potere offrire il nostro contributo.