Lettera di De Rango e Quici a Quotidiano Sanità
Gentile Direttore,
ha ragione la Presidente AIOP Barbara Cittadini quando, sulle colonne del suo giornale, denuncia la confusione che ruota intorno al ruolo del privato accreditato all’interno della nostra sanità. E ha ragione, Barbara Cittadini, quando pone l’accento sul fatto che l’interesse pubblico sia la salute pubblica. Salute pubblica che, beninteso, non può essere garantita e tutelata senza gli operatori della salute, medici in primis, sia che essi operino nelle strutture pubbliche, private, o private accreditate. Ma se l’obiettivo del privato accreditato è la salute pubblica, e se la salute pubblica necessita di operatori che la assicurino, allora risulta incomprensibile il motivo per cui i medici che lavorano presso le strutture AIOP attendono il rinnovo del contratto da 18 anni. Diciotto anni. Un lasso di tempo sufficiente ad un bambino per diventare adulto, ma non ad indurre l’AIOP a concludere le trattative per il rinnovo del contratto di lavoro di chi, quotidianamente, assicura la salute pubblica.
I medici dipendenti dell’AIOP oggi guadagnano la metà dei colleghi del pubblico ed il 30% in meno dei colleghi che lavorano nelle strutture religiose e no profit associate ad ARIS. Lavorano con un contratto che è talmente datato da non aver recepito le numerose novità in tema di diritto del lavoro intervenute dal 2005 ad oggi. Acquisiscono dei titoli che non risultano equipollenti a quelli del pubblico in caso di concorso, per cui uno specialista con 20 anni di esperienza nel privato che supera un concorso pubblico avrà diritto alla retribuzione base dei neo-specialisti. Eppure sono tanti i colleghi che hanno sfruttato, o intendono farlo presto, i vuoti lasciati nel pubblico da anni di programmazione sbagliata e da una oramai cronica carenza di personale per lavorare nella sanità pubblica.
L’AIOP ha più volte dichiarato che non intende concludere il contratto finché lo Stato non deciderà di farsi carico di una parte maggiore dei costi del rinnovo del contratto, così come è stato fatto per il comparto creando un precedente che ora ostacola la firma dell’accordo dei dirigenti. Un atteggiamento che dimostra la totale assenza di considerazione per il lavoro e per i diritti dei medici dipendenti delle proprie strutture. Una posizione che ben mette in luce come l’interesse per il proprio profitto sia, per l’AIOP, ben superiore rispetto alla tutela della salute pubblica.
Eppure l’AIOP continua a ricevere i finanziamenti pubblici che, anzi, ritiene insufficienti. Non possiamo che condividere la posizione di Ivan Cavicchi, allora, quando ritiene “incosciente chiedere soldi quando i soldi oggettivamente non ci sono” e, soprattutto, quando da 18 anni si calpestano senza remore i diritti dei lavoratori. Così facendo lo Stato che eroga quei finanziamenti pubblici e che consente all’AIOP di curare i propri interessi economici sfruttando – non troviamo verbo più adatto – il lavoro dei medici dipendenti si rende a tutti gli effetti complice del mancato rispetto dei diritti dei medici.
Uno Stato che intende tutelare i diritti dei lavoratori dovrebbe legare l’accreditamento delle strutture private al puntuale rinnovo del contratto dei lavoratori, pena la mancata corresponsione delle risorse pubbliche. È l’unica soluzione percorribile per togliere alla parte datoriale un potere negoziale diventato negli anni assoluto.
Se l’obiettivo del privato accreditato è la salute pubblica, e se la salute pubblica necessita di operatori che la assicurino, quegli operatori devono essere tutelati dallo Stato tanto quanto gli operatori che lavorano nel pubblico. Tutelando i più elementari diritti dei lavoratori. Senza fare confusione.
Carmela De Rango (Segretaria nazionale CIMOP) e Guido Quici (Presidente Federazione CIMO-FESMED, a cui aderiscono le sigle ANPO, ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED)